domenica 13 marzo 2022

Guerra ad orologeria dopo pandemenza: la continuazione del great reset con altri mezzi

Concordo con le seguenti osservazioni di Davide Rossi, se depurate dall'anarcocapitalismo (è vero, esiste quella che gli accademici chiamano regulatory capture, ma ciò che accade al potere di regolazione pubblico accade anche al mercato — evidentemente il problema non si risolve con una particolare forma istituzionale):

L'analisi di Luigi Baratiri (non soffermatevi sulla forma) è a grandi linee simile, anche se non concordo col suo pessimismo cosmico (c'è sempre possibilità di reagire), né sull'imminente eliminazione del green pass (anche se spero proprio di sbagliarmi; sulla reale entità degli scontri in Ucraina sospendo il giudizio, c'è troppa propaganda da entrambe le parti per capirci qualcosa e tutto sommato la differenza la farebbe soprattutto per le parti direttamente in conflitto): GAS ALLE STELLE: NON C’ENTRA NULLA CON IL BLOCCO RUSSO. É UN PASSO CALCOLATO VERSO IL GREAT RESET

Sempre di Baratiri, interessante lo scenario in cui una poltica aggressiva di embargo verso la Russia determina il (temporaneo) tramonto del globalismo e una suddivisione del mondo in macroregioni, un po' alla 1984 di George Orwell (ma rispetto a questo, nello scenario di Baratiri —se l'ho capito bene— l'Europa è sola, scongiurando la tanto temuta —dagli angloamericani— saldatura fra Germania e Russia)1:



  1. Si prospetta dunque all’orizzonte il pericolo paventato cento anni fa dal geografo inglese Halford John Mackinder12 (il maestro occulto e involontario di Carl Schmitt13) nei saggi The geographical pivot of history [Il perno geografico della storia] del 1904 e Democratic ideas and realities del 1919: la saldatura — in seguito o alla conquista della Russia da parte della Germania, o ad una sua alleanza con essa — di tutti i popoli insediati nella vasta pianura che si estende dall’Artico alla Persia e dall’Elba alla Siberia orientale (da lui chiamata Heartland, Cuore della Terra) e la creazione di un blocco territoriale, ricco di risorse naturali e di vie di comunicazione interne e impenetrabile dalle potenze che controllano l’Oceano mondiale, in grado di dominare l’intera massa continentale eurasiatico-africana (la World Island)14 e di imporre in essa una Weltanschauung fondarnentalista in materia religiosa15, autarchico-collettivistica in economia e ferocernente contraria ad ogni forma di organizzazione sociale che si basi sul primato dell’individuo anziché della comunità di origine16 (Dugin definisce apertamente la sua ideologia col termine nazionalbolscevismo17).
Tratto da Terra contro Mare. Riflessioni sul Nuovo Ordine Mondiale a partire da Carl Schmitt, di Stefano Carloni, 2016; pp. 99 e 100.