domenica 2 dicembre 2018

"Progresso"

Come sono buoni i “progressisti”…

They owned an island, now they are urban poor: the tragedy of Altamira

Construction of the Belo Monte dam has cast men, women and children who lived rich lives along the Xingu River to the outskirts of Altamira, Brazil’s most violent city. Here, to the sound of gunfire, they must live behind barred windows, and buy food with money they’ve never had – or needed before

Antonio das Chagas and Dulcineia Dias had an island. A slice of the Amazon rainforest, on the Xingu River.
I had a better life than anyone in São Paulo,” says Das Chagas, referring to Brazil’s wealthiest city. “If I wanted to work my land, I did. If I didn’t, the land would be there the next day. If I wanted to fish, I did, but if I’d rather pick açaí, I did. I had a river, I had woods, I had tranquility. On the island, I didn’t have any doors. I had a place … And on the island, we didn’t get sick.”

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Somewhere between their island on the river and their rented house in the city, these people of the forest were converted into urban poor. Typifying the government-led settlement of the Amazon, this process reached its apex under the 1964-1985 civilian-military dictatorship, when megaprojects like the Transamazon Highway were launched. But the event that obstructed the lives of Das Chagas, Dias and and hundreds of families living on the Xingu took place under democracy[?].

Built in the Amazon forest, in the state of Pará, the Belo Monte hydroelectric complex is one of the biggest infrastructure projects on the planet. It is also hugely controversial. The Public Prosecutor’s Office has filed 24 lawsuits against Belo Monte for human rights and environmental violations. The project has left a huge stain on the Workers’ Party, two of whose leaders – Luiz Inácio Lula da Silva (“Lula”) and Dilma Rousseff – made it a top priority of their administrations.

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Now, theirs is a life of firsts: the first electricity bill, the first rented home, the first time they needed to buy what they eat, the first hunger. Das Chagas wakes before 4am feeling suffocated and rushes to the backyard, a cement slab that has no trees but where he can glimpse a piece of sky. He doesn’t sit because he doesn’t have a chair. He stands, clinging to this shard of freedom, sometimes crying. “Being poor is living in hell,” he says.

‘I was king’

Raimundo Braga Gomes is harsher: “On the river, I was king.”

He and Das Chagas are ribeirinhos, traditional people of the forest, and one of the most invisible, misunderstood populations in Brazil.

Ribeirinhos have a singular identity, defined by their intimate relationship with forest and river. They do not own the land, they belong to it. This is “walking on wealth,” as Gomes puts it. “I didn’t need money to live happy. My whole house was nature. The lumber, straw, didn’t need any nails. I had my patch of land where I planted a bit of everything, all sorts of fruit trees. I’d catch my fish, make manioc flour. If I wanted something else to eat, I’d grab a hen I’d raised. If I wanted meat, I’d hunt in the forest. And to make money, I’d fish some more and sell it in town. I raised my three daughters, proud of what I was. I was rich.”

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Accustomed to changing islands and indifferent to the concept of land as merchandise, they often confound people when they proclaim their freedom. “I’ve never had a job,” says Das Chagas. “Always been free.” They all work hard, because forest life is tough, but they only do what they want, when they want. Converting them into the urban poor drains them of their essence.

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Resistance

Critics see the conversion of the forest peoples into the urban poor as no accidental tragedy, but rather a political strategy. As a traditional people, the ribeirinhos have a constitutionally guaranteed right to their way of life. When they are transformed into residents of the periphery, they lose this right. On the one hand, the forests they once occupied are freed for construction, mining, agriculture, and livestock raising. On the other, they become part of the enfeebled urban masses who will support any major incursion into the forest if it holds the possibility of a job.

Since democracy was reclaimed in Brazil, the pressure has never been greater to relax environmental laws and open forests to exploitation than under the current congress, the most corrupt and conservative in recent history. Michel Temer, president by force of impeachment, needs congress to stay in power. It’s a tough moment.

But it is also the first time that ribeirinhos expelled by a megaproject have forged a resistance movement of real size. This week, a group of them landed in Brasilia, the capital, to lodge an unprecedented demand: the creation of a “ribeirinho territory” for 278 families along the Xingu river. They refuse to continue as urban poor. They demand, in effect, a kind of “un-conversion” back to their lives as forest people.

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sabato 7 aprile 2018

La curva di Phillips post-keynesiana


Box 5.4: Una curva di Phillips orizzontale


La curva di Phillips è probabilmente una delle più note relazioni in economia. Tradizionalmente, essa collega il tasso di disoccupazione al tasso d'inflazione dei prezzi o al tasso d'inflazione dei salari. Più di recente, il suo significato è stato esteso per implicare una relazione positiva tra il tasso di utilizzazione della capacità produttiva e il tasso d'inflazione. Nel modello di Duménil e Lévy’s (1999), tale relazione positiva si presume che persista a lungo termine. Gli autori neoclassici solitamente presumono che la relazione positiva persista solo a breve termine, assumendo l'esistenza di una curva verticale di Phillips di lungo periodo al normale tasso di utilizzo (che corrisponde più o meno al tasso naturale di disoccupazione o al tasso di disoccupazione con inflazione stabile - il NAIRU [non-accelerating inflation rate of unemployment]).
La maggior parte dei post-keynesiani respinge il concetto di NAIRU, credendo che, se esiste, non è unicamente determinato dall'offerta e impervio alla domanda aggregata; anzi, i post-keynesiani mostrano persino un certo disagio con la consueta curva di breve periodo di Phillips, come illustrato nella seguente citazione:

Infatti, se è vero che esiste un NAIRU unico, questa è davvero la fine della discussione sulla politica macroeconomica. Al momento si dà il caso che non ci creda e non ci sono prove esista. E sono pronto a esprimere il giudizio di valore secondo cui tassi di inflazione moderatamente più alti sono un prezzo accettabile da pagare per una disoccupazione più bassa. Ma non accetto che sia una conclusione scontata che l'inflazione sarà più alta se la disoccupazione è più bassa.
(Godley, 1983, p. 170)

Un numero sempre crescente di studi empirici mostra ora che la curva di Phillips di breve periodo è non lineare, con un segmento piatto per tassi di crescita, tassi di disoccupazione o tassi di utilizzo della capacità di medio raggio, come illustrato nella Figura 5.3 (Eisner, 1996; Filardo, 1998). Questo intervallo piatto dove l'inflazione tende a rimanere costante, oltre alla letteratura sull'isteresi e l'idea che il NAIRU è attratto verso il livello reale di disoccupazione, come determinato dalla domanda aggregata - conclusione supportata anche da una meta-analisi di lavori empirici (Stanley, 2004) - implica che c'è molto spazio per la gestione della domanda e le politiche di piena occupazione. Mentre la maggior parte delle banche centrali odierne, in particolare la Banca centrale europea, indirizzano l'economia ad operare attorno al tasso di utilizzo um, ritenendo che questo sia l'unico tasso di utilizzo non inflazionistico, le banche centrali dovrebbero avventurarsi a testare le acque, come fece la Federal Reserve per un po', e spingere l'economia più vicino al tasso ufc mostrato in Figura 5.3.




Bibliografia

giovedì 1 marzo 2018

La nuova strategia della Sinistra

6' 36": «Noi opponiamo al voto utile il voto dilettevole.»



Riso amaro.


lunedì 19 febbraio 2018

Gli "antifascisti" al servizio del capitale: per non essere utili idioti rifiutate di (s)ragionare per appartenenza

Traduzione: Tira fuori la tua testa dal tuo culo. La vista potrebbe sorprenderti.
(Source.)


Una serie di commenti di Bazaar ripresi e organizzati su Orizzonte48 da leggere, approfondire e meditare: L'ANTIFASCISMO XENOFILO: "DIALETTICA" LIBERALE ANTIPOPULISTA (SEDARE LA LOTTA DI CLASSE)

lunedì 12 febbraio 2018

Debito pubblico: "divorzio" vs SME? Falsa dicotomia

Tratto da La spesa pubblica al bar dello Sport del 17 Maggio 2012:

[...] Sa quando è sorto il problema del debito? Glielo dico subito: dopo il divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia del 1981, effettuato come parte integrante del percorso verso l’Euro(pa), contestualmente all’ingresso nel Sistema Monetario Europeo. Perché? Semplice. Perché l’ingresso nello Sme obbligava l’Italia ad adottare una politica monetaria restrittiva (alti tassi di interesse) per “difendere” il valore del cambio. Il tasso di interesse reale ha superato il tasso di crescita e l’Italia ha cominciato a indebitarsi per pagare gli interessi sul debito. Vuole vederlo? Eccolo qua:


[...]

Tratto da Confidenze fra uomini (di sinistra)... del 5 Settembre 2013:

[...] L'uscita da sinistra consisterebbe, da quel che ho capito, in due cose: controllo dei movimenti di capitale, e indicizzazione dei salari per proteggere gli operai dall'inflazione. Dunque mi sembra di comprendere che io, secondo i collaborazionisti di sinistra, sosterrei la libera circolazione dei capitali, e sarei contrario all'indicizzazione dei salari!

Ti rendi conto?

Questi miserabili sono davvero ridicoli. Ho scritto un libro di 400 pagine per mostrare che la libera circolazione dei capitali è una parte importante del problema, in realtà la radice del problema, per poi spiegare come l'euro sia il principale strumento di questa libera circolazione, per affermare che bisogna rimettere delle regole, per dire di quali regole abbiamo bisogno, per fare una ricognizione del dibattito internazionale su queste regole. [...]

lunedì 5 febbraio 2018

Il fascismo spiegato ai PDdini e ad altri strani viventi…

Ultimo aggiornamento 10 Feb 2018

Partiamo da questo tweet:

La meditata sentenza di un piddino

Ignorare il nesso fra quelle fondamentali questioni e l'ascesa dell'estrema destra significa avere le idee molto confuse (o essere in mala fede). Procediamo con ordine.


In Blackshirts and Reds - Rational Fascism and the Overthrow of Communism di Michael Parenti, a pagina IX, CONTENTS - 1 RATIONAL FASCISM, si può leggere questa azzeccata descrizione dell'essenza del fascismo:

«Fascism historically has been used to secure the interests of large capitalist interests against the demands of popular democracy. Then and now, fascism has made irrational mass appeals in order to secure the rational ends of class domination.»

Ovvero:

«Storicamente il fascismo è stato usato per garantire gli interessi dei grandi capitalisti contro le richieste della democrazia popolare. Allora come oggi, il fascismo ha creato un irrazionale gradimento di massa al fine di garantire i fini razionali del dominio di classe.»

Oggi gli interessi del grande capitale finanziario internazionale, contro le richieste della democrazia popolare e —per forza di cose— nazionale, sono difesi dal PD e i suoi satelliti, come ora deve ammettere anche Fassina (e come Bagnai spiega da tempo).

La coalizione PD +Europa e frattaglie è nella sostanza liberista ed ha promesso nuove dosi da cavallo di austerità, storicamente causa preponderante nell'ascesa di nazismo e fascismo; si leggano ad esempio: a) Austerity and the rise of the Nazi party, liberamente scaricabile in formato pdf e b) The Guardians of Capitalism: International Consensus and the Technocratic Implementation of Austerity, liberamente scaricabile il pdf della versione working paper col più esplicito titolo The Guardians of Capitalism: International Consensus and Fascist Technocratic Implementation of Austerity. Il fascismo è un effetto, la causa è il liberismo; la nostra Costituzione del 1948 è antifascista prima di tutto perché stabilisce dei principi, a cui la politica economica di qualsiasi governo della Repubblica si deve attenere, contrari al liberismo (non entro qui nella diatriba sulla distinzione liberalismo/liberismo perché non essenziale al discorso).

Le condizioni che oggi permettono al capitale di imporre l'austerità nel nostro Paese sono state create dall'euro e dalle misure che hanno accompagnato la sua adozione (banca centrale "indipendente", libera circolazione dei capitali, ecc…; cfr. Il tramonto dell'euro) stabilite da trattati in spregio della nostra Costituzione (cfr. Euro e (o?) democrazia costituzionale. La convivenza impossibile tra costituzione e trattati europei).

Chi vuole provare a mettere fine alle politiche di austerità (e creare un consenso su un piano di uscita dall'eurozona o di gestione del suo disfacimento, dato che procedere ad una maggiore integrazione non è possibile e insistere su questa proposta porterebbe quasi certamente l'estrema destra al potere in Germania) deve farsi eleggere in un partito che a) ha buone possibilità di andare al governo e b) dà chiari segni di voler effettivamente cambiare la politica economica (candidare come indipendente Bagnai per usarlo solo come acchiappa-voti sarebbe un suicidio politico).

Se la Lega avrà la volontà e i numeri per rispettare le promesse elettorali (richiamo alla Costituzione: intervento dello Stato nell'economia a protezione del lavoro, delle pensioni, del risparmio e —di conseguenza— dell'imprenditoria piccola e media) potrebbe smorzare sufficientemente quegli impulsi irrazionali che, come scrive Michael Parenti, hanno storicamente portato parte delle masse a gradire il fascismo, strumento del capitale, contro i propri stessi interessi.

A me osservatore esterno, poco addentro nei meccanismi della politica, l'impresa pare ardua e gli esiti niente affatto scontati (perché legati agli equilibri di potere, nella coalizione e all'interno del partito stesso, che si verranno a determinare dopo le elezioni e durante le prime fasi di governo), ma chi sostiene che si può attendere tranquillamente il corso degli eventi evidentemente se lo può permettere e comunque fa il gioco del nemico (coscientemente o a sua insaputa non fa una grande differenza).

P.S.: riguardo la flat tax si legga questo articolo L’ingiusta progressività dell’Irpef, di cui evidenzio un passaggio di seguito:
«Si dovrebbe invece prendere definitivamente atto che l’Irpef è oggi un’imposta speciale su pochi redditi (lavoro dipendente e pensioni), in particolare su quelli che per loro natura sono poco mobili (rispetto ad esempio ai redditi da capitale) e percepiti al netto dell’imposta (cioè dopo l’esazione dell’imposta da parte del sostituto). Dunque, l’opposizione a riforme che prevedano una riduzione della progressività dell’Irpef dovrebbe essere motivata da argomenti che chiariscano la necessità di mantenere invece un prelievo personale così progressivo sui redditi da lavoro dipendente.
Riteniamo che, sotto un profilo di equità, queste ragioni non ci siano. È proprio la crescente specialità che sta caratterizzando l’Irpef a consigliarne la revisione in direzione di un’area di proporzionalità molto più ampia di quella attuale, anche senza giungere all’estremo di un’aliquota unica.
»

domenica 4 febbraio 2018

Un passaggio tratto da "Quelle sinistre che odiano il popolo", di Carlo Formenti

Contro l'ideologia del politicamente corretto

«Contro questa concezione territoriale/localista è in atto l’offensiva di quelle élite globaliste che considerano le nazioni come meri contenitori di risorse (materie prime, capitali, forza lavoro, terreni, ecc.) e non come unità, e la classe politica si adatta a questa filosofia. Friedman cita ad esempio un progetto di legge svedese che, alla fine dei Novanta, preso atto che la Svezia, a causa dell’immigrazione di massa, non dispone più di una storia comune condivisa, dichiara che i cittadini svedesi vanno considerati come un gruppo etnico al pari di altri. Il multiculturalismo così inteso, commenta Friedman, significa che “il ceto politico viene a trovarsi al di sopra della nazione, cessando di esserne un’estensione”. Questa forma di “pluralismo”, aggiunge, non è inedita: i primi a teorizzarla sono stati gli imperi coloniali, istituendo un ordine basato sulla segmentazione e sul conflitto fra sudditi appartenenti a gruppi in competizione reciproca; l’eliminazione dei concetti di popolo, nazione e popolazione discende dunque in linea diretta dalla pratica politica di imperi e regimi coloniali. È per questo che il rapporto fra governanti e governati tende a somigliare sempre più a quello fra colonizzatori e colonizzati; è per questo che il conflitto fra destra e sinistra viene soppiantato da quello fra centri e periferie (non solo a livello globale ma anche all’interno di ogni singola nazione); è per questo, infine, che i sistemi politici occidentali assumono sempre più l’aspetto di regimi dispotici retti da un autoritarismo liberale o un liberalismo autoritario (non è un caso se, laddove le persone “sbagliate” vincono le elezioni sia loro che i loro elettori vengono considerati antidemocratici e si tenta in ogni modo di neutralizzare i risultati elettorali).»

venerdì 26 gennaio 2018

Perché è ugente tentare il tutto per tutto

Articolo del Sòla24Ore, segnalato su Twitter da @OttobreInfo, davvero inquietante: Reintrodurre la schiavitù è o no un’opzione per la società moderna?



Fate una copia dell'intero articolo, a futura memoria, nel caso venga fatto sparire; non vorrei fosse la fase "vediamo che succede" del metodo Juncker:

Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno.

Jean-Claude Juncker, Der Spiegel 27.12.1999


Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma: questa «migrazione incontrollata può provocare una reazione di intolleranza…»


Dal Manifesto:
Per Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, in Italia arrivano troppi migranti musulmani, arrivano e «non rispettano i nostri diritti e valori» e questa «migrazione incontrollata può provocare una reazione di intolleranza; ci andremmo di mezzo anche noi, e forse per primi». L’ha dichiarato pochi giorni fa intervistato da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera.
Anche su VoxNews. Questa dichiarazione è passata un po' sottotono, forse perché è un po' difficile dare del nazista al rabbino capo di Roma. Non aggiungo altri commenti.

Quale sarebbe l'alternativa?

Riprendo ed espando un mio commento al post Alcune critiche riguardo la decisione di Alberto Bagnai di presentarsi come candidato indipendente della Lega alle prossime elezioni (ne approfitto per correggere un paio di errori di battitura):



Vorrei porre una semplice domanda ai critici: una volta che si è deciso di assumersi l'onere di provare ad incidere direttamente sui processi politici democratici, quale sarebbe l'alternativa?

Non c'è altra formazione politica, con buone probabilità di partecipare al prossimo governo, che ha mostrato interesse per le analisi e le proposte sviluppate qui, tanto da proporre (se non ho capito male) un incarico di governo in caso di vittoria elettorale.

Da quella caricatura che rimane della sinistra è arrivato per la maggiorparte maggior parte solo ostracismo… e non poteva essere altrimenti, lo abbiamo visto: sono complici —chi per ingnoranza ignoranza, chi per conformismo e chi perché cooptato dalle classi dominanti— di un progetto che nasce infame. Oltre al danno la beffa: cercano di venderci (questi sono il peggio del peggio) la favoletta del processo di integrazione europea nato per fini altissimi e nobilissimi, ma purtroppo corrotto strada facendo da politici incapaci o cattivoni.

Il programma del centrodestra è esente da critiche, anche importanti? Certamente no. Questa discesa in campo è una missione impossibile, irta di ostacoli e pericolose insidie? Certamente sì. Potrebbe trasformarsi in un pumenrang? Anche questo è possibile.

Ma, ripeto la domanda: l'alternativa quale sarebbe?

Addendum: leggete questo tweet:


Questa è la persona che ha posto il veto per l'incontro di Parigi. La conoscete, sapete chi è? Io l'ho cercata all'epoca dei fatti ma dovrei farlo nuovamente perché non ha lasciato tracce nella mia memoria. Mentre sapete tutti chi è Fassina e forse anche D'Antoni.

Secondo voi è possibile avere rapporti con una parte politica dove una persona diversamente perspicace e col peso politico dello zero virgola mette veti, per la partecipazione ad un incontro dove semplicemente si discute, ad una persona —che ha parlato con tutti di un tema che riguarda tutti gli italiani, da Rifondazione Comunista ai monarchici— solo perché è andata a discutere dei problemi dell'eurozona anche con la Lega?

Frugando nel mio archivio ho trovato questo tweet della vetarola in questione; ve lo sottopongo:


Chiaro perché non voleva Bagnai a quell'incontro? Perché è una laltreuropeista, un'integralista della religione dell'euro (quelli che sopra ho definito come il peggio del peggio).

Andare a elemosinare una poltrona ad una forza politica (con un minimo di probabilità di contare qualcosa in parlamento) che fra le sue fila annovera chi difende a spada tratta un progetto che, ripeto, nasce liberista (tutto il blog di Luciano Barra Caracciolo, Orizzonte48, è pieno di prove documentali di questo fatto) sarebbe stato per Alberto Bagnai più coerente?

Se la vostra risposta a quest'ultima domanda è tutto quello che sta accadendo voi ve lo meritate. Il problema è che abitiamo lo stesso Paese e noi no, non ce lo meritiamo! Quindi fate la cortesia di accomodarvi e non rompere i coglioni, grazie.

P.S.: una precisazione a seguito di questo tweet:


Sono fra questi: i miei genitori sono meridionali così come gran parte dei miei parenti. Le accuse di razzismo, soprattutto nei confronti dei meridionali, ve le potete appendere alla uàllera e se non ce l'avete fatevene prestare una.

mercoledì 3 gennaio 2018

“Porgi l'altra guancia„ un cazzo!



L'originale, Lamento di un servo ad un Santo crocifisso, è un antico canto del '500 della tradizione popolare siciliana. Pubblicato per la prima volta nel 1857 da Lionardo Vigo Calanna nella raccolta Canti Popolari Siciliani, fu subito censurato dalla Chiesa. Da questo testo nel 1976 Domenico Modugno ricavò il famoso brano Malarazza.

Di seguito il canto viene recitato da Rosa Balistreri, tratto dal cd Rosa canta e cunta (2007):