Contro l'ideologia del politicamente corretto
«Contro questa concezione territoriale/localista è in atto l’offensiva di quelle élite globaliste che considerano le nazioni come meri contenitori di risorse (materie prime, capitali, forza lavoro, terreni, ecc.) e non come unità, e la classe politica si adatta a questa filosofia. Friedman cita ad esempio un progetto di legge svedese che, alla fine dei Novanta, preso atto che la Svezia, a causa dell’immigrazione di massa, non dispone più di una storia comune condivisa, dichiara che i cittadini svedesi vanno considerati come un gruppo etnico al pari di altri. Il multiculturalismo così inteso, commenta Friedman, significa che “il ceto politico viene a trovarsi al di sopra della nazione, cessando di esserne un’estensione”. Questa forma di “pluralismo”, aggiunge, non è inedita: i primi a teorizzarla sono stati gli imperi coloniali, istituendo un ordine basato sulla segmentazione e sul conflitto fra sudditi appartenenti a gruppi in competizione reciproca; l’eliminazione dei concetti di popolo, nazione e popolazione discende dunque in linea diretta dalla pratica politica di imperi e regimi coloniali. È per questo che il rapporto fra governanti e governati tende a somigliare sempre più a quello fra colonizzatori e colonizzati; è per questo che il conflitto fra destra e sinistra viene soppiantato da quello fra centri e periferie (non solo a livello globale ma anche all’interno di ogni singola nazione); è per questo, infine, che i sistemi politici occidentali assumono sempre più l’aspetto di regimi dispotici retti da un autoritarismo liberale o un liberalismo autoritario (non è un caso se, laddove le persone “sbagliate” vincono le elezioni sia loro che i loro elettori vengono considerati antidemocratici e si tenta in ogni modo di neutralizzare i risultati elettorali).»